venerdì 31 marzo 2017

EFFETTO COMPTON

La QUANTITA' DI MOTO DI UN FOTONE è p=E/c dove E è l'energia del fotone che secondo l'ipotesi di Planck è data da E=hf con h costante di Planck e f frequenza della radiazione. Sostituendo p=hf/c si ottiene:
Quindi la quantità di moto di un fotone si esprime anche come rapporto tra la costante h e la lunghezza d'onda.
 L'effetto Compton descrive l'urto tra un fotone ed un elettrone. Il fenomeno fu osservato per la prima volta da Arthur Compton nel 1922.

L'esperimento consisteva nell'inviare un fascio di "luce" su un oggetto ed osservarne la radiazione diffusa.
Nell'esperimento, Compton utilizzò un fascio di raggi X  fatti incidere su un bersaglio di grafite (materiale ricco di elettroni). La radiazione veniva diffusa in tutte le direzioni. Con un rilevatore si misurava l'intensità della radiazione emessa. Secondo la fisica classica la radiazione diffusa doveva avere la stessa lunghezza d'onda (frequenza) della radiazione incidente ed essere diffusa in tutte le direzioni perchè il fenomeno è quello di un'onda che incontra un ostacolo. Secondo la teoria classica, la radiazione incidente di frequenza f fa oscillare gli elettroni del materiale con la frequenza f diventando a loro volta sorgenti di una radiazione con la stessa frequenza f. Invece in tutte le direzioni in cui si misurava la radiazione diffusa  si presentava una seconda componente con lunghezza d'onda diversa e maggiore. Malgrado il raggio incidente consista in una singola lunghezza d'onda 𝝀, i raggi diffusi presentano due picchi d'intensità a due lunghezze d'onda diverse: una di esse alla stessa lunghezza d'onda del raggio incidente mentre l'altro con una lunghezza d'onda superiore di una certa quantità 𝜟𝝺 che dipende dall'angolo 𝜭 di osservazione della radiazione diffusa.
I grafici mostrano le misure dell'intesità della radiazione diffusa e 𝞅 è l'angolo di misura rispetto alla direzione dei raggi incidenti .


 
Qual era il motivo di questo cambio di lunghezza d'onda? Il risultato era impossibile da interpretare con la fisica classica. 
INTERPRETAZIONE QUANTISTICA: L'ipotesi di Compton ricalca quella di Planck e Einstein. Secondo Compton sul bersaglio arriva un fascio di fotoni di energia E=hf. La luce si comporta come una particella. Avviene un urto elastico tra i fotone ed elettrone inizialmente a riposo.  In fotone incidente trasmette parte della sua energia all'elettrone colpito e, quindi si ritrova con una energia inferiore pari a E'=hf'<E che corrisponde a una minore frequenza f' che a sua volta corrisponde a una maggiore lunghezza d'onda. Per ricavare la variazione della lunghezza d'onda bisogna applicare la legge di conservazione dell'energia e della quantità di moto come in un urto elastico:






Il fascio di fotoni incidenti possiede un'energia iniziale Ei che dopo l'urto diminuisce e diventa Ef:
Per la legge di conservazione dell'energia, l'energia persa dal fotone sarà uguale all'energia cinetica acquistata dall'elettrone:
Inoltre vale anche la legge di conservazione della quantità di moto. Ricordiamo che quantità di moto del fotone (secondo l'ipotesi di Planck) e dell'elettrone (relativistica) sono :
Applichiamo la conservazione della quantità di moto lungo l'asse x e lungo l'asse y :

dove ϴ è l'angolo di deviazione del fotone finale e 𝞿 è l'angolo di deviazione dell'elettrone entrami rispetto alla direzione del raggio incidente.
NB: di solito la velocità della particella dopo l'urto con il fotone è modesta e quindi la sua energia e la sua quantità di moto si possono esprimere con le formule della fisica classica.

Da queste equazioni si ricava che:(clicca qui per i calcoli)
dove h/mc è detta LUNGHEZZA D'ONDA DI COMPTON dell'elettrone. Il suo valore approssimato, nel caso che la particella sia un elettrone, è 2,43 · 10−12 m.  
Dalla relazione trovata si deduce che la radiazione diffusa dovuta agli urti dei fotoni con l'atomo sostanzialmente  non cambia  la lunghezza d'onda e spiega la presenza del primo picco .


OSSERVAZIONE: Abbiamo capito il motivo del secondo picco sperimentale con lunghezza d'onda maggiore di quella incidente. Dobbiamo capire perchè rimane un primo picco con la stessa lunghezza d'onda. La variazione di lunghezza d'onda è provocata solo dall' "urto" tra i fotoni incidenti e gli elettroni meno legati all'atomo cioè con quelli degli orbitali più esterni. Quando il fotone incide su un elettrone più legato all'atomo posizionato nei primi orbitali è come se urtasse contro lo stesso atomo. Tale urto è equiparabile ad un urto tra una biglia e un muro. In tal caso il fotone diffuso mantiene la stessa lunghezza d'onda non essendoci nessuno scambio di energia.

SIMULAZIONE1 DELL'ESPERIMENTO (serve JAVA)
SIMULAZIONE2 (serve Java)
La variazione della lunghezza d'onda non dipende dalla lunghezza d'onda incidente e dipende invece dall'angolo di diffusione ovvero dipende da dove è posizionato il rilevatore rispetto alla normale traiettoria del fotone prima dell'urto. La variazione è massima per l'angolo di 180° (il fotone torna indietro) e vale :



In conclusione un fotone si può comportare come particella con quantità di moto ed energia ben definite. Sappiamo che può anche comportarsi come onda come dell'esperimento della doppia fenditura di Young . È stato grazie all'interpretazione di questo esperimento che ha avuto inizio il dibattito sulla dualità onda-particella.

 radiometro: la sola luce è capace di mettere in rotazione le pale del mulinello
è la dimostrazione della quantità di moto dei fotoni 

2 commenti:

  1. Non sono sicuro delle mie fonti, ma parrebbe che il radiometro di Crookes non sia un esperimento capace di dimostrare la quantità di moto dei fotoni in quanto lo spostamento sarebbe causato dalla temperatura raggiunta dalle facce nere e dall'interazione di quest'ultima con le molecole di gas rimaste nel "quasi-vuoto" del meccanismo, e non dalla pressione di radiazione della luce. Cortesemente, potreste verificare la questione?

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  2. Grazie per la tua osservazione. Confermo tutto. Crookes ha realizzato il radiometro nella convinzione che dimostrasse la pressione della radiazione ma alcuni sucessivi esperimenti hanno dimostrato il ruolo rilevante che hanno le molecole del gas rarefatto riscaldato nella rotazione delle palette.

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